martedì 22 novembre 2011

Il Segretario Regionale Michelangelo Tripodi nella Segreteria Nazionale del PdCI. Avrà l'incarico di responsabile del Dipartimento Mezzogiorno.

Unanime e piena soddisfazione è stata espressa dai simpatizzanti, dai militanti e dai dirigenti dei Comunisti Italiani della Calabria per la recentissima elezione del segretario regionale Michelangelo Tripodi nella Segreteria Nazionale del PdCI. 
Infatti, durante lo scorso fine settimana si è tenuta, a Roma, la prima riunione della  Direzione Nazionale del Partito, uscita dal recente 6° Congresso nazionale di Rimini, che ha proceduto all'elezione della nuova Segreteria Nazionale.
Su proposta del leader nazionale Oliviero Diliberto, il segretario calabrese del PdCI Michelangelo Tripodi è entrato a far parte del massimo organismo di direzione politica del Partito dei Comunisti Italiani e, contestualmente, gli è stato assegnato il delicato incarico di responsabile del Dipartimento Mezzogiorno.
Un settore di lavoro, quello del Dipartimento Mezzogiorno, che, oggi più che mai, rappresenta il tema sul quale, nonostante le politiche anti-meridionali portate avanti on questi anni dal passato governo di Berlusconi e Bossi, si giocano il futuro e le reali prospettive di salvezza dell’Italia, che, al di là delle ignobili provocazioni leghiste, senza un Mezzogiorno moderno, produttivo e sviluppato, è destinata al default e al tracollo definitivo.
Nella fase di tremenda crisi che attraversa il nostro paese assumono unmvalore profetico le parole di Antonio Gramsci quando affermava che “il Sud è l’emblema del fallimento del capitalismo italiano”.
E per ripartire bisogna guardare prima di tutto al Sud perché per l’Italia non c’è futuro senza il riscatto del Mezzogiorno.
L’importante incarico assegnato a Michelangelo Tripodi esprime, inoltre, l’inequivocabile attenzione e centralità della Calabria nelle politiche dei Comunisti Italiani ed è il meritato riconoscimento per un dirigente che lavora quotidianamente con intelligenza e assoluta abnegazione per la costruzione di un forte PdCI nell’ambito di un progetto complessivo di ricostruzione del partito comunista e di rinascita della sinistra. Il Segretario,il Vice Segretario,il Tesoriere, l’intero Organo Direttivo e tutti gli iscritti e i simpatizzanti del PdCI di Luzzi si associano all'unanime soddisfazione e si congratulano con il Compagno Tripodi.


Diliberto: "Monti risponde all'Europa dei tecnocrati e delle banche...serve una sinistra forte e che i comunisti tornino in parlamento"

ROMA – Lo sapevate che Romano Prodi insegna economia ai quadri del partito comunista cinese? E che Cina, Giappone e Coree stanno comprando interi pezzi d’Africa anche per mandarvi ad abitare centinaia di migliaia di propri cittadini? Ce lo rivela in questa intervista Oliviero Diliberto, ex ministro della Giustizia nel governo Prodi e rieletto di recente segretario del Partito dei Comunisti Italiani (Pdci).

Berlusconi si è dimesso. Lei ha brindato?

“Ovviamente! Però per ubriacarmi aspetto la fine della legislatura. Infatti, pur nella gioia immensa per l’insperato suo sfratto da palazzo Chigi, il mio è stato un brindisi robusto, ma senza ubriacatura. Berlusconi infatti non è morto, è solo uscito da palazzo Chigi, ma resta ben radicato nel Parlamento. Che userà per condizionare il più possibile il governo Monti, ovviamente non per motivi politici, ma solo per continuare a fare gli interessi delle proprie aziende. A partire da quelle televisive senza le quali chissà dove sarebbe…. Forse già ad Hammamet, anche se lui come è noto preferisce Antigua”.

E ora…

“E ora il problema è chi pagherà il rinnovamento, visto che a quanto pare si vuole non solo evitare il tracollo finanziario dell’Italia, ma anche il suo rinnovamento perfino morale. Staremo a vedere cosa farà Mario Monti”.

Molti dietro Monti e Mario Draghi, al vertice della BCE, vedono le stesse potenti banche che con le privatizzazioni del ’92-’94 hanno lucrato abbondantemente sulla situazione italiana. Faranno un’altra scorpacciata con le nuove privatizzazioni? E poi cosa ci resterà da vendere in caso di bisogno?

“Che in Europa ci siano poteri tecnocratici trasversali agli schieramenti politici è un fatto certo. Rappresentano interessi ben precisi non solo delle grandi banche, ma anche di gruppi finanziari ed economici. Vorrei ricordare quanto ha guadagnato la Pirelli con le privatizzazioni nel settore immobiliare. E tutto ciò giustifica da solo il varo della tassa patrimoniale, che guarda caso Berlusconi non vuole. Lui non ha fatto altro che trasferire sugli strati sociali che non lo votano il peso della tassazione, alleggerendola agli strati sociali del proprio elettorato. In buona parte parassitario e affaristico, come i magistrati ci hanno permesso di scoprire in modo certo”.

Però in definitiva anche Monti predica l’austerità, esattamente come a suo tempo Luigi Berlinguer. Insomma, ancora una volta tempi di vacche magre e da stringere la cinghia.
Che spazi possono avere i comunisti e la sinistra in generale per passare dalle solite “lacrime e sangue” a una nuova epoca di benessere accettabile?

“Beh, Berlinguer lanciò l’austerità per legittimare il Partito Comunista. Oggi però il Partito Democratico, oltretutto ben lungi dall’essere comunista o anche solo socialista, non ha nessun bisogno di legittimarsi, ha infatti espresso perfino l’attuale presidente della Repubblica. Perciò potrà fare la voce grossa ed esigere che a versare le lacrime e il sangue non siano sempre e solo, ancora una volta, i lavoratori e gli strati sociali deboli, ma chi finora il sangue magari lo succhiava agli altri e le lacrime le versava dal ridere. Come per esempio l’imprenditore che rideva felice per gli affari che gli si prospettavano sulla pelle dei terremotati de L’Aquila”.

Lei a fine ottobre al congresso di Rimini è stato rieletto segretario del Partito dei Comunisti Italiani. Che però in parlamento non ha più neppure un rappresentante. Che linea intendete seguire?
“La linea è quella di salvaguardare gli ultimi diritti di massa rimasti in Italia, visto che di tante conquiste – ottenute a suo tempo grazie ai partiti di sinistra e ai grandi sindacati – è rimasto ben poco. Salvaguardare i servizi sociali è già da solo un fatto grandioso. Non sono così ingenuo da credere che possiamo fare i guardiani da soli. Ci vuole una alleanza. Con i partiti e le forze di una sinistra da ricostruire. Noi in Parlamento ci vogliamo tornare, ma come espressione di strati sociali e di lavoratori, non come espressione di noi stessi”.

Se è per questo, Fausto Bertinotti intendeva addirittura rifondare il comunismo. Ma manca un’analisi di classe, come si diceva una volta. Manca cioè il sapere come è composta e come e dove è dislocato oggi l’insieme dei lavoratori, in particolare quella che si usava chiamare la classe operaia, e quali sono gli strati sociali con i quali i lavoratori possono allearsi.

“Concordo. Le varie ristrutturazioni, delocalizzazioni e i vari ridimensionamenti dell’apparto industriale, basti citare i drammatici cambiamenti della Fiat, hanno cambiato tutto, frantumando non solo in fabbrica la vecchia struttura del lavoro e dei lavoratori basata sul contratto a tempo indeterminato. Le grandi fabbriche non esistono più o non sono più tanto grandi o si dislocano e diversificano anche all’estero, come appunto la Fiat di Marchionne. Oggi inoltre la piaga del lavoro precario e non contrattualizzato ha aperto un altro fronte, un’altra realtà che ci ha colto impreparati. Abbiamo però iniziato a studiare di nuovo, per capire come è strutturato oggi il mondo del lavoro e della produzione, quali sono le linee di tendenza, in modo da poter ricominciare il lavoro di creazione di cellule di partito nei luoghi di lavoro e in quelli di socializzazione. Il famoso “territorio”, anche in senso lato, non lo lasceremo certo sempre alla Lega. Oggi il Pdci ha 21 mila iscritti. Pochi, in assoluto, ma non pochi dati i cataclismi che si sono succeduti. Teniamo presente che tra la prima e la seconda guerra mondiale i militanti erano molto meno di quanti ne abbiamo noi oggi. Insomma, non ripartiamo da zero. E abbiamo alle spalle una grande storia, anche se non esente da errori e sconfitte”.

Monti pare avere le mani legate, un percorso delimitato da paletti ben precisi, pare impossibile che possa mettere mano alla riforma elettorale. Senza la quale come farete a tornare in Parlamento?

“Ripeto: politica delle alleanze, da Sel a Di Pietro. Ma, ripeto anche, non per motivi egoistici, cioè solo per tornare in parlamento, ma per fare meglio la nostra parte in difesa dei diritti e magari per il loro allargamento”.

Che futuro vede per i giovani?

“Francamente un futuro molto difficile. I più capaci andranno all’estero, e li capisco. Cos’altro possono fare, data la situazione in cui il ventennio berlusconiano ha ridotto l’Italia? I giovani un futuro in Italia potrebbero averlo, ma rovesciando il paradigma dello sviluppo. Cosa che non si può fare comprimendo i salari e i diritti dei lavoratori, come dimostra il declino della Fiat che pure ci ha tentato con forza e determinazione, e deprimendo la scuola, l’Università e la ricerca. Marco Mancini, persona intelligente, rettore dell’Università di Viterbo e presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), dalla disperazione ha firmato un protocollo d’intesa con la Confindustria per il dottorato di ricerca prezzo le aziende, quando invece dovrebbe essere il contrario: è la dirigenza aziendale che deve migliorare all’Università la propria formazione. Il dramma è che le Università in Italia sono state ridotte senza un soldo. In Cina stanziano invece cifre mostruose per l’Università e la scuola in generale, promuovendo così la migliore formazione dei giovani e il miglioramento della struttura produttiva. Eppure sono molte le delegazioni cinesi che vengono in Italia per capire e imparare i molti campi, segno che un futuro noi possiamo ancora averlo. Se, ripeto, cambiamo profondamente il modello di sviluppo”.
A proposito di Cina: ci salverà dalla bancarotta?

“Neppure la Cina fa beneficienza, ma stipula accordi che siano vantaggiosi anche per lei. Certamente delle buone relazioni con Pechino possono essere di grande aiuto e contribuire e risolvere i gravi problemi che abbiamo davanti, compreso il rischio di bancarotta a causa del gigantesco debito pubblico. Può sorprenderla, ma un uomo che ci può molto aiutare ad avere buone relazioni con i cinesi è Romano Prodi”.

Romano Prodi?

“Sì, proprio lui, l’ex capo del governo di centro sinistra. Prodi infatti ha un regolare corso a Pechino di lezioni di economia niente di meno che alla scuola quadri del partito comunista cinese”.

Ma no!

“E invece sì! E in Italia fa discorsi sulla Cina di grande intelligenza e apertura, senza nessun pregiudizio. La Cina può essere una grande risorsa. Oltretutto i suo investimenti in Occidente non sono nel settore del lusso, ma della produzione vera e propria, a differenze dei Paesi arabi parassiti delle rendite petrolifere”.

Al congresso del suo partito a Rimini c’era anche una delegazione del partito comunista cinese. La Cina prenderà il posto che una volta era dell’Unione Sovietica? La Città Proibitaprenderà il posto del Cremlino e piazza Tien An Men quello della piazza Rossa?

“Veramente a Rimini le delegazioni estere erano ben 45, compresa quella cinese. No, anche se noi guardiamo alla Cina con grande interesse per vari motivi, non prenderà il posto dell’Urss per almeno due motivi. Il primo è che a differenza dell’Urss non intende egemonizzare né partiti comunisti né Paesi esteri. Il secondo è che l’Unione Sovietica aveva anche un suo blocco di alleanze militari, il Patto di Varsavia contrapposto alla Nato, mentre Pechino non ha nulla di simile. Tant’è che gli Usa ne approfittano continuando ad accerchiarla, nell’evidente tentativo di ripetere con la Cina la stessa politica di “contenimento” applicata a suo tempo con l’Unione Sovietica. Con la scusa dell’11 settembre gli Usa hanno schierato basi in Afganistan e in Paesi sud occidentali rispetto la Cina ex membri dell’Unione Sovietica come il Kazakistan e l’Uzbekistan. Nei giorni scorsi inoltre Obama ha iniziato l’accerchiamento a Oriente della Cina, dislocando militari in Australia e dichiarando che gli Usa sono una potenza affacciata anche sull’oceano Pacifico: dove “Siamo venuti per restarci”, ha chiarito Obama. L’accerchiamento avviene anche per sottrarre all’influenza cinese quasi tutti i Paesi produttori di petrolio, in modo da tentate di frenare se non strangolare il tumultuoso sviluppo economico della Cina, un grande Paese con quasi un miliardo e mezzo di abitanti, ma privo di risorse energetiche”.

“Però in Africa la Cina per avere petrolio stipula accordi con regimi a volte indecenti, ai quali vende armi con grande disinvoltura”.

“Beh, credo che in fatto di vendite di armi e di sostegno a regimi indecenti noi occidentali non siamo in grado di dare lezioni a nessuno. Vogliamo forse dimenticarci che abbiamo colonizzato e sfruttato in modo feroce tre quarti del pianeta, dalle Americhe alla stessa Cina passando per l’Africa, i Paesi arabi, l’India e il sud est asiatico? Il dato interessante invece è che i cinesi, ma anche i giapponesi e i coreani, anziché puntare su un loro colonialismo comprano in Africa giganteschi appezzamenti di terreno, da dissodare e rendere produttivi trasferendoci decine e a volte centinaia di migliaia di propri abitanti che vi costruiscono anche città, nelle quali resteranno come emigranti”.
Questa sì che è una notizia! Può fornirci qualche dato più preciso?

La Corea del Nord ha comprato quasi mezzo Magadascar, che certo non è una piccola isola. A sud del Congo il Giappone sta comprando territori ovunque può. La Cina da parte sua preferisce comprare concessioni minerarie, industriali o nel campo delle infrastrutture. Così sposta centinaia di migliaia di cinesi per metterli al lavoro su tali concessioni, il che comporta che nasceranno città abitate da cinesi che diventeranno cittadini di Stati africani”.

In Italia l’aumento dell’età pensionabile è molto malvisto, in Germania invece si parla senza drammi di andare in pensione a 70 anni nel giro di qualche decennio dato che si prevede che la vita media arriverà presto a 90 anni. E si parla senza drammi anche delle necessità di almeno altri 350 mila immigrati l’anno per poter reggere sia il sistema produttivo che quello pensionistico.

“Non ho tabù. L’età media in Italia è molto aumentata, siamo un Paese di anziani e di vecchi anziché di giovani, e lo Stato sociale anni ’60 non funziona più. L’età pensionabile si può aumentare, ma evitando di continuare a mettere i figli contro i padri, i giovani contro gli anziani, i disoccupati e sottoccupati contro gli occupati, i precari contro i garantiti. I risparmi da innalzamento dell’età pensionabile devono essere investiti in servizi sociali, in modo da alleggerire la condizione della donna, e in occupazione per i giovani. E anziché blaterare contro gli immigrati come la Legadobbiamo riconoscere che anche il nostro sistema produttivo e pensionistico si regge sull’afflusso anche di immigrati oltre che di giovani avviati finalmente a un lavoro decente”.

Soffiano venti di guerra. Da una parte l’isterismo “atomico” contro l’Iran, replay di quello che ha permesso di invadere l’Iraq. Dall’altra la Casa Bianca che, oltre a mettere sempre più piede militare nel Pacifico, punta a una alleanza con l’India in funzione anticinese. Sperando in quella che secondo molti esperti è prima o poi una inevitabile guerra tra India e Cina.

“La guerra è il modo classico con il quale gli Stati e gli imperi hanno risolto le proprie crisi. La guerra permette infatti la repressione interna e il togliersi dai piedi “la teste calde” mandandole a crepare al fronte. Oggi però il fronte non sempre esiste, e le guerre si possono perdere anche a causa del fronte interno, come è successo per esempio agli Usa quando hanno perso la guerra in Vietnam per la ribellione pacifista dei giovani statunitensi. Inoltre oggi le guerre costano molto care e l’Occidente, già in crisi finanziaria, rischierebbe i rifornimenti petroliferi. La guerra Cina-India è inevitabile? Non credo. Di recente l’India ha firmato con la Cina accordi importanti, per la vendita di know how e per altro ancora. Una guerra non conviene a nessuno dei due, checché sperino gli Usa e l’intero Occidente che sulle guerre ha sempre campato e basato il suo sviluppo”.

Torniamo in Italia. Vanno di moda i rottamatori e le facce nuove come quella del sindaco di
Firenze Matteo Renzi.

“Guardi, il dato innovativo non può essere tout court un dato generazionale, altrimenti evviva allora le Minetti. Né si può puntare, come fece Craxi e come fa Berlusconi, sulla coreografia “moderna”, vedi l’arredo della stazione Leopolda del congresso organizzato a Firenze da Renzi, invece che sulle analisi e sulla strategia politica e sociale. Eccetto che per il web, Renzi torna agli anni ’50. In Italia, ma non solo, ci sono anziani e vecchi preziosi, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e giovani incapaci, vanitosi e chiacchieroni. Una volta si diceva che l’età rende saggi ed è un patrimonio di conoscenze. Oggi i Renzi vogliono sostenere che i giovani sanno tutto, e comunque più dei “vecchi”, senza più bisogno di formarsi e di imparare dall’esperienza. Quella propria e quella altrui”.

mercoledì 9 novembre 2011

Muore Berlusconi, ma il berlusconismo è vivo e vegeto.

Non  mi piace l’euforia di queste ore, questo senso di liberazione che prende tanti per la cosiddetta fine di Berlusconi. Sì, cosiddetta, presunta, perché Berlusconi non è finito. La sua disponibilità a dimettersi offerta a Napolitano è un a mera mossa tattica, intelligente o meno saranno gli avvenimenti dei giorni che verranno a dircelo. Quello che è chiaro è che Silvio Berlusconi non vuole e soprattutto non  può mollare. Se perde il potere perde tutto. Un solo esempio, è bastato che il voto alla Camera sul rendiconto certificasse che non ha più la maggioranza perché le azioni Mediaset subissero un ribasso. Roba forte, milioni di euro volatilizzati. Berlusconi sa che se salta il tappo del potere si liberano forze. Basta una normale ed europea legge che regoli il mercato pubblicitario stabilendo dei tetti alla raccolta degli spot televisivi perché le sue aziende entrino in crisi. Basta una occidentalissima legge sul conflitto di interessi perché il suo impero venga messo in discussione. Basta che il Parlamento fermi le tante leggi ad personam oggi sul tavolo, perché gli interessi suoi, della sua famiglia e delle sue aziende, subiscano un duro colpo. Basta che la magistratura si senta finalmente liberata da pressioni, ricatti, leggi e riforme che incombono come una mannaia sulla sua autonomia, perché inchieste oggi al rallentatore subiscano un colpo di acceleratore. Berlusconi, quindi, combatterà fino alla fine, le studierà tutte, cercherà di recuperare “traditori” e “infedeli”, per non perdere l’unica cosa alla quale tiene come l’aria che respira: il potere. Ma ammesso che l’entusiasmo sia vero, che sia giusto festeggiare, stappare bottiglie e sventolare bandiere come se fossimo nel giorno della Liberazione, ammesso che Berlusconi sia finito davvero e per sempre, un dato è certo. Muore Berlusconi, ma il berlusconismo è vivo e vegeto. Muore, politicamente, s’intende, il Cavaliere nero, ma la battaglia inizia col suo cadavere (politico) ancora caldo. Perché peggio di Berlusconi è il berlusconismo. Quella malattia che dal 1994 (giusto per offrire una data, ma il male ha radici che risalgono agli anni Ottanta del secolo scorso), ha infettato la politica, la cultura, il costume e il modo di essere della società italiana. Come una lue la malattia è entrata in tutti i pori della vita del Paese, dentro la cultura, la società e dentro il corpo e l’anima dei partiti di opposizione. Il cesarismo che sostituisce la democrazia, l’ideologia del successo e dell’apparire a tutti i costi che uccide la solidarietà (chi è povero si deve vergognare dei suoi insuccessi), la comunicazione che ammazza la politica (l’una è allegra e semplificata, l’altra è dura e noiosa), il trasformismo come regola di vita. Per non parlare del fascismo che ritorna, del razzismo diventato linea politica e di governo con un partito come la Lega che ha il ministro dell’Interno. E’ forte il berlusconismo, è un sistema di potere che governa città e regioni, ha suoi uomini che lo rappresentano esaltando – al peggio, ovviamente – le sue caratteristiche e la sua ideologia. E’ un personale politico che non mollerà il potere, che forse si riciclerà sotto altre bandiere (Udc, Terzo Polo finiano, Montezemolo-Della Valle, forse anche Pd e dintorni), ma che ha impregnato di sé istituzioni, democrazia, governi locali. La rivoluzione è lontana, non stiamo assistendo al ripetersi di avvenimenti storici (questa volta la storia si ripete ma sotto forma di farsa), non è la caduta del fascismo: è peggio. Non ci sono eserciti di liberazione e generosi partigiani alle porte, ma gattopardi. Ecco perché non mi piace l’entusiasmo di queste ore. Perché so che la battaglia per liberare il Paese da questa gente sarà lunga e difficile. Richiederà tempo, abnegazione, organizzazione, idee, uomini e donne, giovani e anziani, che si muovono, che scendono in campo sotto bandiere che si chiamano solidarietà, equità sociale, trasparenza, giustizia, rispetto delle regole, democrazia, unità nazionale. Esattamente come fece un uomo solo nel lontano 1994 uccidendo le speranze dell’Italia onesta.


Articolo di Enrico Fierro da http://www.malitalia.it/

mercoledì 2 novembre 2011

Campagna online per l'intitolazione della sezione locale del PdCI di Luzzi. Partecipa anche tu...



A quale di queste personalità vorresti intitolare la Sezione Locale del PdCI di Luzzi?  


Vittorio Arrigoni (attivista umanitario)


Giuseppe Di Vittorio (politico e sindacalista)


Giangiacomo Feltrinelli (editore e ...rivoluzionario)


Jurij Gagarin (cosmonauta ed Aviatore Sovietico)


Nilde Iotti (politico Comunista)


Vladimir Lenin (teorico, politico e rivoluzionario)


Pablo Neruda (poeta)


Pietro Secchia (politico Comunista, antifascista)




VOTA NELLA FINESTRA A DESTRA!